Mark Haddon – Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte

00.07

Il cane era morto

decisi di fare qualche indagine

Catena di Ragionamenti…

Christopher soffre di autismo, l’assassinio del cane della vicina innesca in lui la voglia di scoprire il colpevole: la ricerca della verità ci farà conoscere a fondo il protagonista e il mondo che lo circonda.

The Curious Incident of the Dog in the Night-Time
The Curious Incident of the Dog in the Night-Time – National Theatre

Il  giallo si sviluppa in maniera molto originale. Il tutto è condito da un linguaggio davvero unico. Di fatto, si tratta di un sotterfugio per riuscire a entrare nella mente di questo giovanotto difficile.

Ogni particolare è esaminato con precisione: Il cane è morto davvero? La vicina chi è? E ogni evento irrilevante assume importanza strategica nelle indagini di Christopher. I confini strettissimi, che lo legano a casa e scuola, si sbriciolano quando la necessità di chiarire l’evento tragico accaduto al cane, proietta il protagonista nel mondo “reale”, assolutamente più grande e diverso da quello disegnato ad hoc da chi gli vuole bene.

Voglio ringraziare un’amica per avermi fatto scoprire questo libro. Sono soltanto dispiaciuto di non aver avuto notizie sull’esito della partita Inghilterra – Romania (particolare secondario e irrilevante a guardar bene; forse finita 134 a 0).

Altro discorso va fatto a riguardo del pezzetto di Lego da otto. Non mi è chiaro se la confessione avviene in conseguenza alla sua apparizione, cioè in quanto oggetto mistico che costringe a dire assolutamente la verità, o se trattasi di un irrilevante particolare. Propendo per la prima ipotesi… in bricks we trust.

progetto abbinamenti

quando: alle 00.07

dove: nel giardino dei vicini

piatto: filetto alla Wellington

vino: Cabernet doc Breganze “Bosco Grande”

drink: Cosmopolitan

Mezzanotte e sette minuti. Il cane era disteso sull’erba […] Gli occhi erano chiusi. Sembrava stesse correndo su un fianco […] Il cane però non stava correndo, e non dormiva. Il cane era morto.

Decisi che avrei scoperto chi aveva ucciso Wellington […] decisi di fare qualche indagine. […] il forcone apparteneva alla signora Shears. […] mi domandai se fosse stata la stessa signora Shears a uccidere Wellington. Ma se era stata lei perché si era precipitata fuori urlando: “che cazzo hai fatto al mio cane?”

Dentro il mio cervello si stava producendo una Catena di Ragionamenti

(Mark, Haddon, Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte, Einaudi, 2003, pp. 3, 40-42, 54)

Mark Haddon – Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte

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William Golding – Il Signore delle Mosche

ho paura

ho paura di noi

voglio tornare a casa

o Dio, voglio tornare a casa!

man produces evil as a bee produces honey
William Golding

Un gruppo di ragazzini sopravvive a un disastro aereo e si ritrova in un’isola deserta; so che ormai tutti, famosi o meno, prima o poi, naufragano in un’isola, ma questa è una storia particolare, che val la pena di scoprire! L’autore descrive il ritorno alla natura dei giovani che, inevitabilmente, perdono l’infantile innocenza; purtroppo, la situazione sfugge loro di mano e nemmeno l’uso della conchiglia, che dapprincipio era diventata il simbolo della convivenza pacifica sull’isola, riesce a mantenere l’ordine.

The shell
The shell, Eileen Agar, 1934, olio su tela

I disaccordi iniziali si trasformano in insanabili dissidi, sfociando in una violenza di tale intensità da poter sembrare impossibile in dei bambini. E’ evidente come l’autore non nutrisse nessuna fiducia in un futuro di pace, probabilmente era un pessimista (brutta gente, i pessimisti)… o semplicemente un buon osservatore.

Ciò che Golding descrive non è altro che la trasposizione della violenza degli adulti in un contesto infantile; il modo naturale di relazionarsi dei bambini, il gioco, si trasforma in massacro. I ragazzini, cresciuti repentinamente, portano a frutto gli insegnamenti appresi dalla società dei genitori, che li ha educati (inconsciamente?) alla violenza.

Karpasten herra
Karpasten herra, Jarmo Mäkilä, 2010, olio su tela

La paura è centrale, accompagna tutta l’opera; ogni evento è scatenato, consciamente o inconsciamente, dalla paura; la paura impedisce al gruppo di stabilire una convivenza pacifica. Paura del buio, dell’ignoto; ed è un terrore indescrivibile e impalpabile a trasformare i ragazzini in feroci creature che cercano con l’aggressività di allontanare ogni timore; la paura prende il sopravvento sull’obbiettività, sul buon senso, condannando il gruppo all’autodistruzione.

Anche se il libro è stato scritto circa cinquanta anni fa, la lettura è molto utile oggi perché offre tantissimi spunti sulle difficoltà della convivenza. Oggi siamo tenuti a decidere se aver paura di tutto ciò che non conosciamo, e quindi combattere fino a eliminare ogni “nemico”, o vincere la paura e coraggiosamente cercare la via per convivere con ciò che ci circonda. Se si sceglie di combattere, il problema, in ultima analisi, è solamente uno: saremo in grado di fermarci prima di eliminare anche la nostra ombra?

Lord of the flies
Lord of the flies, Eileen Agar, 1956, olio su tela

Torniamo al cinema: consiglio la visione de “Il signore delle mosche” di Peter Brook del 1963; un film molto bello, che non si discosta molto dal testo (sempre valido il precetto: prima leggete, poi guardate).

«I grandi sanno cavarsela» disse Piggy. «Non hanno paura del buio. Si troverebbero insieme a prendere il tè e a discutere, e tutto andrebbe a posto…» «Non darebbero fuoco all’isola. E non perderebbero…» «Costruirebbero una nave…» In piedi nel buio i tre ragazzi si sforzavano inutilmente di esprimere la maestà della vita degli adulti. «Non litigherebbero…»

«Io ho paura. Ho paura di noi. Voglio tornare a casa. O Dio, voglio tornare a casa!»

«Che cosa è meglio: avere delle leggi e andare d’accordo, o andare a caccia e uccidere?» […] «Che cosa è meglio: la legge e la salvezza o la caccia e la barbarie?»

 (William, Golding , Il Signore delle Mosche, Mondadori, 1992, pp. 108, 185, 213)

William Golding - Il Signore delle Mosche

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Charles Dickens – Ballata di Natale

Spirito,

conducimi dove desideri.

se hai qualcosa da insegnarmi,

lascia che ne tragga profitto

Tre fantasmi costringono un uomo a riflettere sulla propria esistenza; Scrooge, il protagonista dell’incredibile vicenda, scopre di non essere felice, riprende così a vivere liberando l’umanità che aveva imprigionato per tanti anni. Questa rivelazione avviene durante i giorni natalizi, che propiziano momenti di maggiore socializzazione tra le persone. Morale della favola: vogliamoci bene… che stiamo meglio noi e pure gli altri (possibilmente non soltanto il 25 dicembre).

Ballata di Natale Scrooge

Si tratta di un libricino molto semplice da leggere, forse infantile… Ma, anche se scritto più di 170 anni fa, risulta ancora molto attuale e, vista la nostra sempre più frequente propensione allo shopping compulsivo e ad un radicale individualismo, chissà se ne abbiamo più bisogno noi o Scrooge dei consigli spettrali  Così, i fantasmi ci raccontano con semplicità di come siamo e come potremmo essere… anzi, sbagliato… non ci dicono nulla di nuovo… ci danno soltanto uno stimolo in più per riflettere.

Che seri! Non riesco a capire perché ogni libro sembra avere così tanta importanza; mi sa che sono vittima di qualche strano complesso psicologico riassumibile all’incirca così: “Complesso del lettore confuso che trova risposte in ciò che legge”.

Colgo l’occasione per augurarvi Buon Natale. Che finale! … resto senza parole.

Lo spettro emise un lamento, scosse la catena e si torse le mani fantasma. «Sei incatenato» disse Scrooge tremante. «Dimmi, per quale motivo?» «Porto la catena che ho forgiato in vita» rispose il fantasma. «L’ho costruita anello per anello, metro per metro; me ne sono cinto di mia spontanea volontà, di mia spontanea volontà l’ho indossata […]» Scrooge tremava sempre di più.

Ballata di Natale Chain

«Spirito,» disse Scrooge con tono remissivo «conducimi dove desideri. Ho viaggiato l’altra notte e, sebbene costretto, ho ricevuto una lezione che sta già facendo effetto. Questa notte, se hai qualcosa da insegnarmi, lascia che ne tragga profitto.»

(Charles, Dickens, Canto di Natale, Giunti, 2012, pp. 34, 74)

Charles Dickens - Ballata di Natale

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Virginia Woolf – Gita al faro

come un arcobaleno

«tu» e «io» e «lei» siamo effimeri.

era così dunque:

una spoglia torre su un nudo scoglio

Oh! dream of joy! is this indeed
The light-house top I see?
Is this the hill? is this the kirk?
Is this mine own countree?
Samuel Taylor Coleridge, The Rime of the Ancient Mariner

E’ una storia che inizia più o meno così: andremo al faro? Sì, certo. No, il tempo non promette nulla di buono. Il meteo, purtroppo, non permetterà di andare in gita… poi, prima che si ripresentino le condizioni per scoprire i segreti di quel faro all’orizzonte, prima del bel tempo, arrivano forti venti di guerra, così, quando finalmente si giungerà al faro, saranno passati molti anni… allora, tutto sarà diverso. La storia inizia poco prima dello scoppiare della “grande guerra”, e si svolge nell’arco di dieci anni, terminando con lo sbarco al faro.

Godrevy Lighthouse - St Ives
Godrevy Lighthouse – St Ives http://carolinegillpoetry.blogspot.it/2012/08/fiesta-time-13-book-lovers-day.html

Poche miglia separano i protagonisti dal faro all’orizzonte. Eppure, si rivelerà irraggiungibile; Woolf ci porterà al faro, ma ciò accadrà dopo un decennio, dopo aver sondato in profondità tutti i personaggi che vivono nella casa di campagna in cui ci si riposa nel periodo estivo.

Si tratta di un’opera innovativa, dove l’autrice si propone di sostituire l’introspezione all’azione. Il racconto mette a nudo la parte più intima di ognuno dei personaggi; Woolf, svelando i percorsi mentali dei protagonisti, ci permette di riflettere sulla loro esistenza, e di conseguenza anche sulla nostra.

I personaggi non si limitano ad agire o a parlare; interagiscono tra loro come è solito accada nei romanzi e nella vita reale, ma al contempo, in “Gita al faro”, rivelano al lettore i propri pensieri, mettendosi a nudo così da diventare più che esseri di finzione.

Le descrizioni sono minuziose e ogni parola di Woolf, come in un quadro sapientemente dipinto, caratterizza puntualmente l’ambiente in cui la storia si svolge. La prosa dell’autrice è armoniosa, musicale; fatico a descrivere la sensazione che mi trasmetteva, forse la cosa più semplice è che leggiate voi stessi ciò che ho riportato qui sotto, così potete farvi un’idea dello stile; di fatto si tratta di brevi brani che esemplificano una costante di quest’opera, che vi cullerà in un ovattato mondo onirico.


tutto era effimero come un arcobaleno

pensò «Com’è fortunata […] Sposa un uomo che ha un orologio d’oro in una custodia di pelle scamosciata!». […] solleticata dall’assurdità del suo pensiero (che fortuna sposarsi con un uomo che ha una custodia di pelle scamosciata per l’orologio), s’avviò con un sorriso sulle labbra verso l’altra stanza […]

E così spente tutte le luci, tramontata la luna, mentre una pioggerellina sottile tamburellava sul tetto, ebbe inizio un diluvio di sconfinata tenebra. Parve quasi che nulla potesse sopravvivere a quel diluvio, a quella profusione di buio […]

[…] disegnare con la fantasia, lontano dalla tela, era tutt’altra cosa che prendere in mano il pennello e tracciare il primo segno. […] Da dove cominciare? − era questo il problema: in che punto tracciare il primo segno? Tracciare una linea sulla tela significava impegnarsi a correre rischi innumerevoli, a prendere decisioni frequenti e irrevocabili.

[…] «tu» e «io» e «lei» siamo effimeri, destinati a scomparire; nulla resta, tutto cambia, tranne le parole, tranne la pittura […]

Era così dunque […] quel Faro che avevano visto per tutti quegli anni di là della baia: una spoglia torre su un nudo scoglio.

(Virginia, Woolf, Gita al faro, in Le magnifiche 7 signore della letteratura inglese, Newton Compton, 2013, pp. 1121, 1181, 1186, 1205, 1218, 1231)

Virginia Woolf - Gita al faro

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