Possiamo avvicinarci a questo libro semplicemente per passare del tempo in allegria, infatti, Arto Paasilinna sa sempre divertire i suoi lettori presentandoci interessanti personaggi che vivono improbabili ed esilaranti avventure; anche Prigionieri del paradiso non fa eccezione, un evento catastrofico è alla base della storia che porta un gruppo di scandinavi, impegnati in una missione umanitaria, a condividere molto più che un viaggio all’altro capo del mondo: costretti in un’isola deserta, si organizzeranno per sopravvivere in un paradiso che può rivelarsi ostile.
Facendo un po’ di attenzione, però, Prigionieri del paradiso può darci molto di più; infatti, anche se con leggerezza, sono trattati molti temi che offrono spunti di riflessione sull’uomo inteso come animale sociale; Paasilinna fa emergere, grazie all’azione dei suoi personaggi, il bisogno di organizzarsi e di cooperare per risolvere i problemi di tutti i giorni, mostrandoci come dal caos dei primi giorni questo gruppo di superstiti si trasforma in una società con regole e ruoli ben definiti; e così ci troviamo di fronte ad un divertente e irriverente “saggio” di antropologia, dove l’osservatore Paasilinna ci mostra uno spaccato di una società in divenire che cerca ostinatamente di sopravvivere alle avversità dell’isola selvaggia.
I tre uomini trascorrevano tra loro gran parte del tempo libero […]. Passavano ore e ore nella giungla […] Un giorno Vanninen mi disse: “Secondo me quelli stanno trafficando qualcosa di poco chiaro” […] Li avremmo seguiti […] Avevano abbandonato il sentiero ed erano spariti nella boscaglia. […] Ci trovammo davanti ad una distilleria clandestina.
(Paasilinna, Arto, Prigionieri del paradiso, Iperborea, 2009, pp. 116-117-118)