come un arcobaleno
«tu» e «io» e «lei» siamo effimeri.
era così dunque:
una spoglia torre su un nudo scoglio
Oh! dream of joy! is this indeed
The light-house top I see?
Is this the hill? is this the kirk?
Is this mine own countree?
Samuel Taylor Coleridge, The Rime of the Ancient Mariner
E’ una storia che inizia più o meno così: andremo al faro? Sì, certo. No, il tempo non promette nulla di buono. Il meteo, purtroppo, non permetterà di andare in gita… poi, prima che si ripresentino le condizioni per scoprire i segreti di quel faro all’orizzonte, prima del bel tempo, arrivano forti venti di guerra, così, quando finalmente si giungerà al faro, saranno passati molti anni… allora, tutto sarà diverso. La storia inizia poco prima dello scoppiare della “grande guerra”, e si svolge nell’arco di dieci anni, terminando con lo sbarco al faro.
Poche miglia separano i protagonisti dal faro all’orizzonte. Eppure, si rivelerà irraggiungibile; Woolf ci porterà al faro, ma ciò accadrà dopo un decennio, dopo aver sondato in profondità tutti i personaggi che vivono nella casa di campagna in cui ci si riposa nel periodo estivo.
Si tratta di un’opera innovativa, dove l’autrice si propone di sostituire l’introspezione all’azione. Il racconto mette a nudo la parte più intima di ognuno dei personaggi; Woolf, svelando i percorsi mentali dei protagonisti, ci permette di riflettere sulla loro esistenza, e di conseguenza anche sulla nostra.
I personaggi non si limitano ad agire o a parlare; interagiscono tra loro come è solito accada nei romanzi e nella vita reale, ma al contempo, in “Gita al faro”, rivelano al lettore i propri pensieri, mettendosi a nudo così da diventare più che esseri di finzione.
Le descrizioni sono minuziose e ogni parola di Woolf, come in un quadro sapientemente dipinto, caratterizza puntualmente l’ambiente in cui la storia si svolge. La prosa dell’autrice è armoniosa, musicale; fatico a descrivere la sensazione che mi trasmetteva, forse la cosa più semplice è che leggiate voi stessi ciò che ho riportato qui sotto, così potete farvi un’idea dello stile; di fatto si tratta di brevi brani che esemplificano una costante di quest’opera, che vi cullerà in un ovattato mondo onirico.
tutto era effimero come un arcobaleno
pensò «Com’è fortunata […] Sposa un uomo che ha un orologio d’oro in una custodia di pelle scamosciata!». […] solleticata dall’assurdità del suo pensiero (che fortuna sposarsi con un uomo che ha una custodia di pelle scamosciata per l’orologio), s’avviò con un sorriso sulle labbra verso l’altra stanza […]
E così spente tutte le luci, tramontata la luna, mentre una pioggerellina sottile tamburellava sul tetto, ebbe inizio un diluvio di sconfinata tenebra. Parve quasi che nulla potesse sopravvivere a quel diluvio, a quella profusione di buio […]
[…] disegnare con la fantasia, lontano dalla tela, era tutt’altra cosa che prendere in mano il pennello e tracciare il primo segno. […] Da dove cominciare? − era questo il problema: in che punto tracciare il primo segno? Tracciare una linea sulla tela significava impegnarsi a correre rischi innumerevoli, a prendere decisioni frequenti e irrevocabili.
[…] «tu» e «io» e «lei» siamo effimeri, destinati a scomparire; nulla resta, tutto cambia, tranne le parole, tranne la pittura […]
Era così dunque […] quel Faro che avevano visto per tutti quegli anni di là della baia: una spoglia torre su un nudo scoglio.
(Virginia, Woolf, Gita al faro, in Le magnifiche 7 signore della letteratura inglese, Newton Compton, 2013, pp. 1121, 1181, 1186, 1205, 1218, 1231)